martedì 29 ottobre 2013

Brevi racconti privi di senso. FINALE!

Puntata finale di questo racconto privo di senso. Siamo giunti contro ogni previsione alla fine e ringrazio tutti quanti per il supporto. Volevo solo specificarvi un punto: la critica sostiene che questo racconto è troppo crudo e tenebroso per i lettori moderni e per essere annoverato tra i classici. Io ribatto dicendo che la mia vena emotivamente schizoide è solo diventata più audace del solito, e che non sarà un posto mancato tra un Edgar Allan Poe e un James Joyce qualsiasi a frenarmi. Bando alle ciance, godetevi quest’ultima puntata e aspettate trepidanti il prossimo racconto. 
Ah, un ringraziamento particolare va al vostro gatto.

D.

Ti sei perso le puntate precedenti? 
Eccole!

Puntata 5-parte prima
Puntata 5-parte seconda

 Puntata 6- Finale. “Una domenica come tante”

L’inseguitore non vedeva più la ragazza, si chinò sulle ginocchia a riprendere fiato. D’un tratto udì un verso che gli gelò il sangue nelle vene. Era un uomo forse, ma quel grido aveva qualcosa di spaventosamente animalesco. E pochi secondi dopo sentì la ragazza strillare. Ma l’eco tra i viali deserti non gli permise di individuare da dove provenissero.
Avanzò di qualche metro, dove quattro vicoli si incrociavano: al centro c’era una fontana. Valutando la situazione, giunse a un accordo con sé stesso.  Avrebbe bevuto un po’ d’acqua, poi sarebbe tornato alla macchina e sarebbe fuggito in un altro Stato. 
Non gli importava più della ragazza, né di chi o cosa aveva prodotto quel verso disumano, né della gente a cui doveva dei soldi.
 L’importante era che fossero lontani. Sarebbe sparito e nessuno l’avrebbe più rivisto.


Mentre l’uomo si avvicinava alla fontana per dissetarsi, la ragazza si voltò e iniziò a correre. Il mangiatore emise un altro ringhio feroce, carico di voglia di uccidere. 
L’uomo stava bevendo quando sentì un altro grido, mentre la ragazza sbucò da uno dei vicoli bui e non gli bastò uno sguardo per capire chi (o cosa) la inseguisse.
 Era tremendo, sporco di sangue dalla testa ai piedi, con un coltello in mano. Sembrava uscito da un incubo. I suoi versi spaventosi fendevano l’aria mattutina. La sua ombra si proiettava in avanti come una maligna protuberanza della sua anima deviata.
La ragazza inciampò e cadde ai suoi piedi. Il mangiatore stava arrivando, aveva rallentato, ma negli occhi si leggeva la sorpresa dell’imprevisto. Ma si sa, spesso gli imprevisti diventano nuove possibilità, se si è abbastanza veloci nello sfruttarle. L’incredulità si trasformò subito in ferocia. 
L’uomo alla fontana era pietrificato, ma quando vide il mangiatore alzare il coltello si lanciò su di lui. La ragazza si aggrappò al bordo della fontana e si rimise in piedi, spaventata a morte, e assistette allo scontro mortale. L’uomo che fino a poco prima piagnucolava aveva bloccato il coltello del mangiatore e gli aveva rotto un polso. Ma lui lo atterrò colpendolo violentemente alle ginocchia. La furia da cui era posseduto non era descrivibile dalla mente della ragazza. Prese il pugnale e con l’altra mano e glielo conficcò nello stomaco.

La ragazza si girò e si mise a correre un attimo prima che le interiora dell’uomo fuoriuscissero in un fiume di sangue. Si girò venti metri più avanti, vedendo solo il mangiatore, piccolo quanto un chicco di riso, abbuffarsi  dell’uomo che, solo la sera prima, le aveva offerto da bere, con quel fare tanto innocuo.

Mentre la ragazza correva, con il viso rigato di lacrime, qualche raggio di sole sbucava qua e là nella foschia e un centinaio di metri più indietro si stava consumando un incubo. Non riusciva a credere a ciò che aveva visto. 

Poco lontano, le campane risuonavano la Messa delle 10. Comunque, sarebbe stata una domenica come tante altre.


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