mercoledì 23 ottobre 2013

Brevi racconti privi di senso

Ritorna il racconto privo di senso. I colpi di scena non mancano! Spero abbiate preparato birra e popcorn e siate pronti a un finale che rimarrà nella storia della letteratura mondiale, forse secondo solo a Fabio Volo e Federico Moccia. 

Puntata 5/1.  “La fuga e la fame”

Il mangiatore di gatti era furioso. Uscì a buttare la spazzatura, composta dai resti della cena e bottiglie vuote. Poco dopo aprì il frigo: c’erano le interiora di vari animali, vasetti pieni di sangue e altri liquidi chiusi lì dentro da chissà quanto tempo. Il puzzo che usciva dal frigo era rivoltante, ma non ci fece caso. Voleva un po’ di carne fresca. Si vestì, infilò il coltello nella tasca nascosta della giacca e uscì, portando con sé la voglia di uccidere.



Albeggiava. Quando si era svegliato, l’uomo degli allucinogeni aveva il viso ricoperto di sangue e vaghi ricordi nella mente. L’unica cosa che sapeva era che il whisky lo aveva mandato fuori di testa, e che nel bar era scoppiato il caos: a un certo punto qualcuno gli diede un pugno  che gli spaccò in due pezzi gli occhiali (e parte del naso), rialzandosi prese una sedia e gliela scagliò addosso; forse quella era stata la scintilla.
Proprio mentre lo sconosciuto con cui cantava qualche ora prima si svegliò e placcò al volo il barista incazzato riempiendolo di pugni, uno dei ragazzi al tavolo prese di forza la ragazzina con cui stava parlando e fece per portarla nei bagni. Non riuscì a fare due passi che, si ricordava,lui gli aveva rotto in testa una bottiglia di birra. La ragazza, in evidente stato confusionale, gli saltò in braccio e svenne.
Divincolandosi da un altro ubriaco, in un momento di relativa calma riuscì a realizzare che nel bar si era scatenata una vera e propria rissa. Avventori si accalcavano su altri, volavano bottiglie e sedie, la luce era rotta e la musica dava a ciò che stava accadendo un ritmo surreale. Intanto  l’allucinogeno gli deformava la percezione e gli annebbiava la vista.

 Ma forse qualcuno aveva chiamato la polizia. Era per questo che, aggrappandosi a quell’attimo insperato di lucidità, ricordava di essere sgusciato dal retro recando in braccio la ragazzina, sfuggendo al putiferio travolgente. Mise in moto e fuggì per una strada secondaria, evitando le pattuglie in arrivo a sirene spiegate.

La notte non era mai stata così buia. Ricordava di essersi infilato in un vicolo nella zona industriale, di aver chiuso gli occhi e di essersi addormentato, ed ora era lì: nella sua macchina, alle prime luci del mattino, con una ragazza sconosciuta sul sedile accanto, entrambi sporchi di sangue e probabilmente ricercati dalla polizia.



Il mangiatore di gatti scavalcò una recinzione,si avvicinò di soppiatto alla cuccia e conficcò il coltello nella gola dell’animale addormentato. Prese quell’ammasso di pelo ancora caldo e lo cacciò nello zaino. Pensava che non era sufficiente, voleva altri animali e altro sangue.
Poco dopo, vagava per la periferia della città, vittima della sua irrazionalità, vittima dei suoi deliri, rinchiuso in un lungo cappotto marrone sudicio, con i capelli sudici che gli cadevano sul viso scarno e sugli occhi infossati e iniettati di sangue. Scavalcò la siepe e la recinzione di una graziosa villetta tra i capannoni prefabbricati quando all’improvviso sentì un latrato e un enorme cane lupo gli fu addosso ringhiando. Ma la sua follia e il suo istinto omicida prevalsero sulla violenza dell’animale, e riuscì a sopraffarlo soffocandolo.

Nella villa, nessuno udì i rumori dal giardino e il sonno continuava piacevole.

Adesso poteva godersi le sue prede. Scavalcò di nuovo la siepe e si ritrovò nella strada deserta, illuminata  fiocamente dalle prime luci di un sole tetro.

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