domenica 20 ottobre 2013

Brevi racconti privi di senso.

Seconda e ultima parte di questo episodio tanto atteso. La redazione ringrazia ancora tutti i calorosissimi sostenitori, tra i quali San Flaviano, che ci ha contattato personalmente garantendoci un posto in paradiso. Nel frattempo colori, profumi, musica, canti e abusi di allucinogeni!

Puntata 4/2. “Un’insolita allegria”

Come tante altre sere, mise la borsa in macchina, tenendo qualcosa in tasca, e iniziò il giro. Andò dai primi acquirenti di fiducia che pagavano al momento. In contanti.
Passò agli altri, quei porci che a volte erano tanto fatti che si picchiavano tra loro per chi doveva tirar fuori i soldi,  gli stessi che spesso  trovava collassati in una pozza di sangue e vomito. Non pagavano quasi mai regolari, quindi lui doveva attrezzarsi di conseguenza:  gli dava la merda tagliata male,e se poi non pagavano, lui pagava qualcun altro per fargli cambiare idea con le “buone” maniere.

Fermò la macchina. Quel bar era fuori mercato, quindi niente di sospettoso: sarebbe sceso lo per farsi un paio di whisky, come aperitivo, e poi avrebbe continuato il giro.

Dopo un paio d’ore era aggrappato al bancone a intonare con un tizio una vecchia canzone. Lo sconosciuto a un certo punto si addormentò su un divanetto del bar. La stanza girava, girava tutto. Un tavolo rumoroso di giovani cantava e beveva e lui non capiva nulla. L’allucinogeno preso qualche ora  prima dava i primi segni, la luce era… più luminosa e i rumori…più rumorosi. E quello stronzo del barista lo guardava in modo strano. Gli sembrava che i ragazzi al tavolo fossero lontanissimi…e vicinissimi. Due ragazze si avvicinarono. O così gli sembrava. Mentre porgeva la mano gigante e fosforescente alle due ragazze..


Lo sconosciuto porse loro la mano. Era visibilmente brillo, ma sembrava innocuo: era mingherlino e aveva l’aria malaticcia. Nonostante ciò lo notarono subito. Era vestito in modo elegante ma sbattuto, vagamente bohémien. Bevvero insieme, lo sconosciuto stappò una bottiglia di vino e gli offrì due bicchieri. Con gli occhi spiritati, ma di questo non se ne accorsero a causa degli occhiali che indossava, offrì e rioffrì da bere, finchè le due ragazze non si accorsero nemmeno più di quello che stavano bevendo. E  Intorno a loro il trambusto stava crescendo.
La stanza luccicava, girava, le pareti erano oblunghe. Lo sconosciuto sembrava uscito da un quadro di Munch. Era pallido come la morte,  ora altissimo, ora minuscolo. Vide lampadari dondolare e quadri oscillare, l’amica che un momento prima era accanto a lei, ora era ad una distanza infinita… ma poteva raggiungere l’infinito con il lunghissimo braccio che aveva.
E poi gatti, gatti di ogni colore, piccoli e grandi, a strisce, sulle sedie, sui tavoli, appesi al soffitto. La stanza girava, e girava, e girava…la carta da parati era sfumata, non capiva più quando iniziavano le pareti e quando il pavimento.

Le voci erano echi lontani, provenienti da valli nascoste alla vista, il tintinnio dei bicchieri risuonava come le campane a mezzogiorno, e il miagolio dei gatti era sempre più insistente, sempre più spaventoso, e rimbombava nella sua testa. Un enorme gatto la rincorreva, ma lei era al rallentatore, lui alla velocità della luce, ed era sempre più grande e sempre più mostruoso, sempre più terrificante, e si sentiva le lacrime scorrere, e il freddo gelido salirle per la schiena. Qualcuno urlò, ma l’urlo diventò una canzone, molti erano in piedi sulle sedie, lo sconosciuto era pieno di sangue, gli occhiali rotti in viso, le luci da rosse diventavano blu, da blu a verdi, poi di nuovo rosse e persino l’odore di alcol e fumo sembrava avesse una forma e la cambiasse in continuazione.


12 ore dopo era a un paio di chilometri da lì, sdraiata sul sedile di un’auto polverosa,  e non era sola. Un gatto dormiva sul sedile accanto. Riuscì appena a realizzarlo nella sua mente che svenne di nuovo.

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