I residui del nostro
amato santissimo patrono ci hanno permesso di partorire questo nuovo episodio
del racconto senza senso. La lunghezza dell’episodio è proporzionata alla quantità di alcolici ingeriti, pertanto
la redazione ha deciso di dividere in due l’episodio. Oggi il primo, gran
finale i prossimi giorni. Gatti, mescalina, sole, vento, vino e trallallà
(cit).
Puntata 4/1. “Di qualcosa bisogna campare”
Erano passati diversi giorni, ma del gatto non c’era
traccia. Aveva battuto in lungo e in largo il quartiere in cui abitava e anche
quelli adiacenti, chiamandolo a gran voce, senza mai ottenere risposta.
All’inizio non si era particolarmente preoccupata ma ritornando a casa la prese
un velo di apprensione e, confidando che il gatto sarebbe tornato nel giro di
qualche ora, si rituffò sui libri.
…
L’uomo di mezza età che aveva osservato la macabra scena
della donna e del bambino accese il fornello e si mise a sbattere due uova nel
tegame. Il mal di testa lo tormentava da giorni e si sentiva come le due uova,
strapazzato. Gli occhi erano arrossati, le labbra secche e pallide, le borse
sotto gli occhi gonfi. La foto impolverata di una donna lo scrutava sorridente
dalla credenza nell’angolo della cucina. Chiuse le tende e mangiò tenendo
sollevata la testa con una mano, contrastando il senso di nausea che gli
opprimeva lo stomaco.
Poco dopo, nello scantinato, ricominciò il processo che
aveva interrotto poche ore prima, reggendosi in piedi a stento. Era un mestiere
ingrato, pensava l’uomo, ma di qualcosa bisogna pur vivere. Agguantò la pianta
di peyote e si mise al lavoro, pensando al “giro” che avrebbe dovuto fare nei
giorni successivi. E rimase a estrarre mescalina per quasi tutto il resto della
notte. Era un mestiere ingrato, continuava a pensare, ma lo doveva fare.
Quantomeno per non trovarsi una pistola puntata alla tempia il
giorno dopo.
…
Morto! Pensava. Morto! Sparito! Da 15 giorni! Lanciò via il
cellulare che continuava a squillare e sprofondò il viso rigato di lacrime
sotto il cuscino.
FINE PRIMA PARTE
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