giovedì 30 gennaio 2014

Il club degli emarginati (3)

“Vi chiederete come mai ho deciso di mettere quell’annuncio." Esordisce Ludovico. "La risposta è molto semplice. Sono stufo.” Si alza in piedi infervorato. “Sono stufo di essere considerato un incapace perché non ho un lavoro e una casa, stufo di essere considerato un fallito, compatito dai miei amici e rifiutato dai datori di lavoro. Stufo di essere emarginato.” Ci guarda attentamente negli occhi. “E se voi siete qui significa che anche voi non ne potete più.”
La porta di ingresso si apre. Entra una coppia anziana. Lui con un paio di baffi bianchi e l’aspetto burbero, lei piccolina e dall’aria mite e affettuosa. Appena ci vedono lei sorride imbarazzata. “Oh, scusate, continuate pure.” Si avvicina a Ludovico e gli stampa un bacio in fronte. Lui imbarazzatissimo la allontana con la mano. “Mamma, ti prego.”
“Si si vado via. Avete già fatto merenda?”
“Non facciamo merenda mamma. Ti prego vai di là.”
E l’anziana signora sorridendoci si ritira in cucina. Per tutto il tempo l’uomo è rimasto a scrutarci dalla soglia con aria critica. Fissa lo sguardo su ognuno di noi poi scuote la testa.
“Papà per favore, stavo parlando.” Dice Ludovico con tono supplice.
Suo padre scuote di nuovo la testa, borbotta qualcosa e va in cucina anche lui.
“E cosa proponi di fare?” chiede Carolina. “Appunto perché siamo emarginati dubito che verremo ascoltati.”
“Non tutti siamo emarginati. C’è chi l’ha scelto.” Interviene Isaia fissando Clodoveo che si inalbera subito. “Sono un emarginato tanto quanto voi! E tu allora? Sei un bel ragazzo, non vedo che problemi dovresti avere anche se sei ebreo.”
“Sì, in effetti sono piuttosto bello”, commenta Isaia ammiccando verso Carolina. Ma quando la vede storcere il naso alzando gli occhi al cielo già si infuria. “senz’altro sono più emarginato di te Sister act dei poveri!”
“Come mi hai chiamato scusa?”
“Forse non dovremmo stare qui a discutere su chi è più emarginato, ma collaborare.” Sono stata io a parlare? Tutti si girano verso di me. Pare che sia davvero stata io.
“Nessuno ha chiesto il tuo parere Lasilvia.”
Non provo nemmeno a correggerlo.
“No, Lasabrina ha ragione. Non vi ho chiesto di venire qui per litigare tra di noi. Ma Carolina ha ragione. Nessuno ci ascolterebbe. Per questo dobbiamo obbligarli a sentirci. Ho un piano.”
“Uccidere un ministro?” Chiede Annina.
“Emm…no, qualcosa che non comporti la morte di nessuno. Abbiamo bisogno di visibilità, non del carcere a vita.” Osserva Ludovico.
“Sapete, Woody Allen è di famiglia ebrea.”
L’intervento di Woody ci lascia spiazzati.
“Sì, infatti Woody Allen è mio padre.” Commenta Isaia.
“Davvero?”
“No!”
“Peccato.”
E Woody risprofonda nel silenzio. Ma da quale manicomio è saltato fuori questo qui?
“Ecco il mio piano.” Riprende Ludovico. “Qual è l’esatto opposto degli emarginati? Se siamo esclusi è perché non rispondiamo a un modello, il prototipo della persona perfetta. E chi è perfetto?”
Silenzio.
“Le reginette di bellezza.”
Tutti scoppiamo a ridere fino a quando non notiamo la faccia seria e contrariata di Ludovico e capiamo che non sta scherzando.
“Perché dovremmo prendercela con le reginette? Sono tutte delle oche e questo è risaputo.” Dice Carolina.
“Pensateci bene. Pensate a miss Italia. È bellissima, ha sempre un uomo innamorato di lei, dopo aver vinto il concorso trova sempre un lavoro nel mondo dello spettacolo dove viene anche ben retribuita, ha il supporto di una famiglia. È perfetta.”
“Se consideri superfluo un cervello allora sì, è perfetta.” Insiste Carolina.
Ludovico sbuffa. “Lascia stare il cervello. Dobbiamo abbattere un ideale, non la persona in sé. L’ideale della ragazza bella e che ha successo. Mostrare che dietro a quel mondo perfetto ci siamo anche noi, senza lavoro, grassi, omosessuali. L’opposto di quel modello.”
“Chi vuole dei biscotti?” La mamma di Ludovico entra in salotto reggendo un vassoio e interrompendo il discorso infervorato del figlio.
“Mamma, stiamo parlando di cose importanti!”
“Oh Chicco, magari i tuoi amichetti vogliono mangiare qualcosa.”
Isaia scoppia a ridere e noi tutti cerchiamo di trattenere un sorriso. La signora posa i biscotti e ritorna in cucina. Ne assaggio uno. A dire il vero ne ho in mano una manciata.
Gli altri mi fissano sgranando gli occhi.
“Forse dovresti andarci piano Lasamantha.” Mi dice Isaia.
Arrossisco e ne metto giù un paio. Sono molto buoni.
“Cosa ne dite del mio piano?” chiede Ludovico.
“Quindi dovremmo uccidere miss Italia?” è sempre Annina che interviene.
“No Annina, non ammazziamo nessuno. Solo sabotare un concorso di bellezza. Ce ne sarà uno fra un mese in un paese qui vicino, un mio amico giornalista può procurarci gli inviti. Dobbiamo solo decidere come sabotare la serata in modo da renderci visibili.”
“Ma chi ci noterà in un paesino sperduto qualunque?” vuole sapere Clodoveo.
“In pochi, ma compariremo sui giornali e sarà un primo passo verso qualcosa di più grande.”
Ci scrutiamo meditabondi. Mi sembra una gran scemata. Inutile.
“Cosa abbiamo da perdere?” insiste Ludovico.
Carolina guarda l’ora. “Io adesso devo andare.”
“Appuntamento romantico con un paio di amichette?” chiede Isaia ammiccando.
“Ho detto che sono lesbica, non che partecipo a delle orge.” Risponde seccata Carolina.
Rimaniamo d’accordo di rivederci qui, fra una settimana, alla stessa ora. Abbiamo tutti bisogno di tempo per pensare.
Ludovico chiude la porta deluso.
Clodoveo si dilegua senza salutare.
Isaia sale in moto dopo averci fatto l’occhiolino tallonato da Annina in bicicletta.
Woody svolta nella via accanto per poi tornare indietro e sceglierne un’altra. Questo per una decina di volte fino a quando trova finalmente la strada giusta.
Carolina mi sorride. “Ci vediamo la settimana prossima Lasabrina. Mi ha fatto piacere conoscerti.”

Forse non è stata poi una così cattiva idea venire in via dei Salici piangenti numero 3.

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