venerdì 17 gennaio 2014

Il club degli emarginati (1)

Mi chiamo Sabrina, ma tutti mi conoscono come Lasabrina. Questo perché all’asilo, quando mia nonna veniva a prendermi entrava gridando “Dov’è la Sabrina?” suscitando l’ilarità delle maestre. A questo si aggiunge il fatto che a tre anni pesavo già 25 chili e senza dubbio dire Lasabrina rende meglio l’idea di una bambina-bue rispetto a Sabrina, bambina-fuscello. Da qui sono sempre stata Lasabrina, ormai se mi chiamano col mio vero nome non mi riconosco nemmeno.
Le altre bambine a scuola indossavano vestitini di cotone a fiori, calze ricamate e avevano i capelli raccolti in codini. Io portavo enormi salopette di jeans, scarponi e una moscia coda di cavallo in testa.
Le altre bambine il pomeriggio guardavano i cartoni animati di Sailor Moon e La sirenetta, io, grazie a tre fratelli maggiori, un padre e una madre poco presente ero cresciuta a forza di Chuck Norris, Bruce Willis e Bud Spencer. Il film più romantico che ho mai visto fino all’età di quindici anni è stato Rocky con Sylvester Stallone, un altro dei miei idoli di gioventù.
Non posso dire di aver avuto un’infanzia infelice. Ero contenta di giocare con i trattori, Walker Texas Ranger mi prendeva tantissimo e con i miei fratelli avevo un ottimo rapporto. Fu l’adolescenza il periodo traumatico, quando mi resi davvero conto di essere diversa dai miei fratelli e di provare un certo interesse verso romanzi rosa e vestiti più femminili. Ma insieme a questa mia nuova propensione alla femminilità cresceva anche la mia massa corporea. I miei fratelli si ingozzavano come maiali ed erano “belli forti e robusti”, come diceva mio papà, io invece, una ragazza, ero “cicciona, molle e cellulitica”, come diceva quella simpatica di mia mamma.
Così il mio lato femminile che ancora non aveva spiccato il volo si trovò ben presto a cozzare con il mio peso importante. Inutile dire che i ragazzi mi rifiutavano e le ragazze mi umiliavano. Senza contare che quando i miei fratelli si resero conto che stavo cambiando iniziarono ad escludermi.
Divenni così un’emarginata. Troppo grossa per piacere e troppo mascolina per suscitare la simpatia delle mie coetanee.
Adesso ho trent’anni, sono alta un metro e settanta e peso novanta chili, lavoro come cassiera in un supermercato e vivo ancora con i miei genitori e due dei miei fratelli. Non ho un fidanzato e anche se sono adulta mi vergogno ancora a leggere i libri d’amore davanti alla mia famiglia. Non ho mai visto un vero film romantico, non porto le gonne e nemmeno i capelli sciolti. Non è cambiato molto dalla mia infanzia. Non sono triste, ma sono sola. Questo mi rende triste. Vorrei avere degli amici, un ragazzo e una casa tutta mia.

È lunedì. Oggi ho il turno di mattina. Vado al lavoro, indosso l'uniforme creata apposta per me, non ne esisteva una abbastanza grande e passo le seguenti tre ore a far scorrere prodotti sul nastro.
Torno a casa per l’ora di pranzo. Mia mamma ha fatto le cotolette con le patate. Mangio cinque cotolette sentendomi il suo sguardo addosso. “Forse dovresti andare in palestra Lasabrina.” Mi dice.
Mio fratello rutta di fianco a me. Ha due anni in più di me, è alto come me e pesa venti chili in più di me. “E lui non dovrebbe andarci?”
Mamma si scandalizza. “Lui fa un lavoro pesante. Ha bisogno di mantenersi.” Il lavoro pesante sarebbe fare il commesso in un negozio di lampadari dove ogni volta che un cliente acquista gli capita di sollevarne uno, il che accade più o meno una volta ogni tre mesi.  
Mio padre mi sorride, “le donne in carne sono le più belle.”
Mamma sbuffa, si alza in piedi e inizia a sistemare i piatti. Vi basti sapere che io pesavo come mia mamma a otto anni.
Trascorro il pomeriggio chiusa in camera. Navigo su internet, sono tentata per la millesima volta di iscrivermi su un sito di incontri, ma come sempre rinuncio. Fino a quando, quasi per caso, leggo una notizia molto interessante.
Ti senti emarginato? Ti senti invisibile? Credi che la società ti rifiuti perché sei diverso dagli altri? Vorresti sfuggire da questa situazione ma non sai come? Noi siamo la soluzione! Giovedì 30 ottobre, ore 18, viale Salici piangenti 3, appartamento 7. Ti aspettiamo, per noi sei speciale.
Sento il cuore battere forte. Sarà una fregatura? È senz’altro una fregatura. A chi può interessare un gruppo di sfigati, o come li chiamano loro, di EMARGINATI. Il tono dell’annuncio è pessimo, persino Mastrota nelle sue televendite di materassi è più convincente. Ma in fondo, cosa ho da perdere? Basta armarsi di uno spray al peperoncino e avere la batteria del telefono carica, anche se non penso di essere esattamente la persona più stuprabile di questo mondo. Ma la madre dei maniaci è sempre incinta. O era quella degli stupidi? Fa lo stesso. Giovedì 30 ottobre sarò lì e se anche dovesse essere una scemata pazienza, almeno avrò trascorso un pomeriggio fuori casa.

Il numero 3 di viale Salici piangenti è un comune condominio, come ce ne sono migliaia in ogni città. La porta d’ingresso è aperta, l’appartamento 7 è al quarto piano. L’ascensore è rotto, ovviamente. Qualcosa mi dice che arriverò fradicia di sudore, uno spettacolo.
Quando busso alla porta sono in ritardo di dieci minuti. I minuti che mi ci sono voluti per fare le scale. Spero che non sia una scemata altrimenti mi faccio pagare da loro la lavanderia per i vestiti.
Un volto fa capolino dall’ingresso. È il faccino tondo di una bambina dall'aria simpatica, le trecce bionde e un vestitino rosa. La classica bambina perfettina che odiavo quando avevo la sua età. Sono in dubbio se tornare indietro, entrare e strozzarla perché è così bella o…
“Marti, spostati.” Una voce d’uomo e un uomo fa la sua comparsa. È giovane, deve avere poco più della mia età, indossa una maglietta gialla a righe azzurre e dei pantaloni della tuta rossi. Credevo di essere io quella che si veste male, ma a quanto pare devo ricredermi.
“Sei qui per l’annuncio?” mi chiede spingendo dietro di se la bambina.
Annuisco e lui si sposta facendomi entrare in un salotto minuscolo ingombrato dalla presenza di cinque persone sedute a cerchio. Sembra di essere in un centro di riabilitazione per alcolizzati.
L’uomo mi prende per un braccio e mi scorta alla mia sedia. Mi guardo intorno. Pur non conoscendo nessuno e pur non essendoci nessun motivo evidente a rendere gli altri degli emarginati qualcosa di inspiegabile ci rende il peggior gruppo di disadattati della storia. Staremo a vedere.


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