Autorevolissima critica.
Nessuno si sarebbe mai cagato un film del genere. Almeno, non quelli
con un po’ di sale in zucca. Tre ore piene che scorrono piacevoli solo grazie
ad alcuni dialoghi e battutine ad effetto («non voglio morire sobrio!») e alle tette
ed ai culi che appaiono ogni poco ad allietare la noia e riempire
l’inconsistenza. Nonostante tutto però la trama del film è ben ideata e
potenzialmente avrebbe tanto da dire, ma i fili che la compongono sono troppo
esili per darci seriamente credito. E il fatto che sia tratto di una storia
vera non vuol dire nulla sulla qualità della narrazione filmica (si dice così
no?).
A parte chi lo fa di mestiere, nessuno (me per primo) sa una sega di finanza
e di borsa, ma almeno Scorsese potrebbe tentare di darci la sensazione di “essere
dentro” quel mondo. E invece no. Troppo facile. Meglio andare sul sicuro
banalizzando (ehm, trascurando) il lato tecnico riducendolo a “gente che
telefona” e investendo sul lato porno soft/droghe/party extralussuosi su yacht
e in ville con piscina (e sulla bravura dello sprecato Di Caprio) che sicuramente
aumenta gli incassi e chissà se fa vincere l’Oscar.
Possibile che fai un film su
Wall Street senza farmi vedere non dico un numero o un grafico, ma una cazzo calcolatrice?
Fai finta almeno di farmi capire qualcosa di quel che succede e non mostrarmi solamente
uno in giacca e cravatta che un giorno sì e l’altro pure prende il microfono e
arringa i suoi dipendenti come fosse Cicerone nel Senato di Roma, dopo essersi
strafatto di cocaina (anche Cicerone era un tossico, mi dicono dalla regia).
Vuoi fare un affresco dell’avidità dell’uomo? Benissimo. Vuoi usare il
magico mondo della borsa come luogo privilegiato di narrazione? Ancora meglio.
Vuoi anche metterci un po’ di sana mancanza di morale e rispetto degli altri?
Perfetto, caro Scorsese.
Dato che viene da molti descritto come “un film senza morale, quindi
magnifico” (come se la cosa sia matematica), dovresti (si mi rivolgo proprio a
te, Martin, adesso siediti e ascoltami) però cercare di rendere più consistente
quello che vuoi trasmettere, soprattutto se in verità “non c’è proprio nulla da
trasmettere” se non la fredda descrizione dell’ascesa e il declino di un cazzo
di broker.
Io di film non capisco un cazzo, ma una cosa l’ho capita: che i film
che valgono qualcosa non sono quelli come The Wolf of Wall Street e che il
silenzio del pubblico in sala come a dire «embè?!» alla fine della proiezione vale più di una
nomination all’Oscar.
Ora posso andare a fare in culo.
Andrò a verificare personalmente.
RispondiEliminasono d'accordo sul fatto che non entra molto nelle logiche della borsa/finanza..però è anche vero che già quelle tre ore li sono un pò pesantine..se si fosse concentrato anche sull'infarinatura di quello che è la realtà del broker sarebbe stato un pacco infinito..però concedimi che DiCaprio è da oscar
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