giovedì 7 novembre 2013

Le avventure di Merdocchio!

Introduzione.

Il Caffè Corretto inaugura una rivisitazione in chiave serissima di Pinocchio, capolavoro di Collodi pubblicato nel 1883. Siamo lieti di sottoporre finalmente al grande pubblico questa nuova interpretazione, dopo che per mesi e mesi i nostri autori hanno lavorato sodo sotto le frustate dei nostri editori (che, mi risulta, non esistono).
Il risultato è un racconto di altissimo spessore socio-culturale che, siamo convinti, diventerà una pietra miliare della pedagogia moderna.

Volevamo far scrivere questa breve introduzione a Morandi, il quale però ha rifiutato perché, a quanto pare, non può garantirci l’imparzialità: si sentirebbe troppo intimamente coinvolto e ha preferito rifiutare il compenso dei nostri editori (che, la regia mi ripete, non esistono).

Concludo con un piccolo augurio: quando andate a casa, date una carezza ai vostri figli e non raccontate la solita stronzata della carezza di Giovanni XXIII, ma raccontategli Merdocchio. Dormiranno come angioletti.

D.


Le AVVENTURE di MERDOCCHIO


C'era una volta...
- Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di merda.
Non era una merda di lusso, di quelle profumate, ma una semplice cagata da dopo caffè, di quelle che d'inverno, Dio le maledica, ti fan congelare su una tavoletta scomoda e fredda.
Facile intuire come questo pezzo di merda nacque nella bottega di Mastr'Antonio, detto maestro Ciliegia per via della punta del suo naso sempre lustra e paonazza da tanto beveva. Solo dalla digestione di quest'uomo poteva nascere un simile missile!
Appena maestro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di merda, si rallegrò tutto; e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce:
- Ma te guarda che bella cagata; voglio servirmene a concimar l'orticello mio qui dietro, cosicché crescano verze e carote in abbondanza per il minestrone! -
Detto fatto, prese subito lo stronzo tra le mani e fece per impastarlo nel terriccio d'un vaso zeppo di concime, quando sentì una vocina sottile sottile che disse raccomandandosi:
- Oh grullo, che non lo vedi che son figlio tuo? Capisco non sia stato un parto facile, ma arrivar a tanto per liberarsi d'uno stronzo di figlio non ti sembra esagerato? -
Figuratevi come rimase quel buon vecchio di maestro Cagat...volevo dire...Ciliegia!
Girò gli occhi smarriti intorno alla stanza per vedere di dove mai potesse essere uscita quella vocina, e non vide nessuno! Guardò sotto il banco, e nessuno; guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno; guardò dietro ai poster di Ilona Staller, e nessuno; aprì l'uscio di bottega per dare un'occhiata anche sulla strada, e nessuno. O dunque?...
- Ho capito - disse allora ridendo e grattandosi la parrucca con le mani ancor umide e marroni - si vede che quella vocina me la son figurata io. Rimettiamoci a lavorare. -
E ripreso lo stronzo, ci versò sopra un pugno di zucchero, scambiandolo per fertilizzante.
- Oh! Morandi dei poveri?! Non è che mi vuoi cucinare? - gridò rammaricandosi la solita vocina.
Questa volta il maestro Ciliegia restò di stucco, con gli occhi fuori dal capo per lo stupore, colla bocca spalancata e colla lingua giù ciondoloni fino al mento, come un affamato mascherone da fontana.
Appena riebbe l'uso della parola, cominciò a dire leccandosi i baffi per l'appetito:
- Sta a vedere che quel sushi dell'altra sera nuotava ancora quando l'ho trangugiato! Con la fame che ho addosso, fanculo pure l'orto. Me lo cucino e me lo mangio se è ancora vivo! -
E così dicendo, agguantò con tutte e due le mani quel povero pezzo di merda, e si pose a sbatacchiarlo senza carità contro le pareti della stanza, tingendo la tappezzeria di quel marrone che fa tanto vintage ai giorni nostri.
Poi si messe in ascolto, per vedere se c'era qualche vocina che si lamentasse. Aspettò due minuti, e nulla; cinque minuti, e nulla; dieci minuti, e nulla!
- Ho capito; - disse allora triste e rassegnato con le mani tra i capelli ormai castani - si vede che quella vocina che m'ha dato del Morandi me la son figurata io! Rimettiamoci a lavorare. -
Ripreso a impastare, con le mani ormai inzuppate fin su i gomiti, sentì la solita vocina che gli disse ridendo:
- Mannaggia a te! Con tutti i fertilizzanti che ci son nel 2013, se ti vedessero a impastar merda faresti una figura uguale uguale alla mia! -
Traumatizzato dal rimprovero, il povero maestro Ciliegia cadde giù fulminato. Un infarto. Una fine di merda.
Da terra, il suo viso, pareva trasfigurato, e perfino la punta del naso, da paonazza com'era sempre stata, gli era diventata turchina per mancanza d'afflusso di sangue al cervello.

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