Secondo imperdibile capitolo della rivisitazione di Pinocchio, inequivocabilmente intitolato Merdocchio.
Il viaggio del Caffè Corretto ricomincia dove si era fermato, ovvero nel fiabesco mondo della letteratura per bambini. È sempre un piacere per noi impiegare il nostro preziosissimo tempo universitario in queste produzioni letterarie tanto inutili quanto fantastiche.
Buona lettura!
D.
II
A quel punto bussarono alla porta.
- Passate pure, - disse lo stronzo camuffandosi la voce da vegliardo.
Allora entrò in bottega un vecchietto tutto arzillo, il quale aveva nome Geppetto; ma i ragazzi del vicinato, quando lo volevano far montare su tutte le furie, lo chiamavano col soprannome di Polentina, a motivo della sua parrucca gialla che somigliava moltissimo alla polenta di granturco.
Geppetto era bizzosissimo. Guai a chiamarlo Polentina! Diventava subito una bestia e non c'era più verso di tenerlo.
- Buon giorno, mastr'Antonio, - disse Geppetto. - Cosa fate così riverso a terra?
- Faccio da cera per il pavimento.
- Buon per voi. In effetti non avete un bel colore, state bene?
- Massì compar Geppetto, sono solo stanco...morto. Cosa vi porta da me?
- Le gambe. Sappiate, mastr'Antonio, che son venuto da voi, per chiedervi un favore.
- Eccomi qui, pronto a servirvi, - replicò l'escremento, soddisfatto per la buona riuscita del suo raggiro.
- Stamani m'è piovuta nel cervello un'idea.
- Sentiamola.
- Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno; ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino, che ve ne pare?
- Che idea malsana. Avete pensato ai cinesi? La concorrenza in quel settore è peggio che andar di notte! Per non parlare di Italia's Got Talent: se prima non passate da lì non verrete mai stimato come buon intrattenitore quale siete. Ma che ve lo dico a fare? Siete solo una Polentina.
A sentirsi chiamar Polentina, compar Geppetto diventò rosso come un peperone incandescente, e voltandosi verso il falegname, gli disse imbestialito:
- Perché mi offendete?
- Perché la merda non è caffè!
E infervorato com'era, saltò addosso al cadavere del pover'uomo e lo riempì di ceffoni, di morsi e di pugni.
Esaurite le forze, Geppetto, s'accorse d'aver tra i denti la parrucca tinta a sterco del falegname.
- Rendimi la mia parrucca! - gridò la solita voce mascherata.
Sentitosi in colpa per aver colpito, quello che steso a terra pareva un obiettore di coscienza, gliela rimise in capo e gli giurò amicizia per il resto della vita.
- Dunque, compar Geppetto, qual è il piacere che volete da me?
- Vorrei un po' di legno per fabbricare il mio burattino; me lo date?
- Amico mio, ve lo potrei anche dare, ma a scapito vostro! Rischiereste il fallimento in men che non si dica; perché invece non vi costruite un bel pupazzetto di codesta argilla marrone che c'ho tra le mani? Le vendereste a buon prezzo. Ce n'è di gente disposta a spendere i milioni per delle cagate.
Rifletté a lungo il buon Geppetto e, concluso col dar ragione all'amico suo, rassettò quella materia dalle mani e dai capelli del corpo steso a terra e gli strinse la mano in segno d'amicizia.
- Ci sarebbe ancora una questione compare mastr'Antonio.
- Che volete ancora? - sussurrò la vocina tra le mani di Geppetto, per non far capire che il suono di quelle parole provenisse da lì.
- Non è che avreste un bel bicchier d'acqua? - disse biascicando parole con emissioni nauseabonde, - c'ho un raspino in bocca da prima!
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