La notte passata a Puente la Reina ci ha rifocillato e
ripartiamo su di giri diretti a Estella, una graziosa cittadina ricca di chiese
e conventi che dista circa una ventina di chilometri. È l’alba, ma il sole non
è ancora spuntato dietro le nuvole quando arriviamo in vista di Cirauqui,
paesino di pietra raccolto in cima a una piccola collina che si spicca tra i
vigneti e i campi di granturco. “Nido di vipere”, questo è il soprannome dato
dagli abitanti della zona a Cirauqui.
Una pausa e via! La minuscola strada polverosa riparte verso
sud-est, insinuandosi tra le colline e i fiumiciattoli, consentendo il
passaggio dei pellegrini solo su antichi ponti romani in pietra: pochissimi
passano per queste vie, solo noi viaggiatori e qualche contadino. Tutti quanti
iniziamo a condividere un senso di appartenenza a questi luoghi, anche se
sappiamo che il legame con gli anziani abitanti che ci salutano o con i bambini
che ci vendono la limonata durerà solo un attimo. E che sono tutti visi che
forse non rivedremo più.
Entriamo allora ad Estella, dove ci fermiamo per la notte. È
una cittadina piuttosto grande rispetto agli insediamenti che abbiamo visitato
fino ad ora: ci sono negozi, ristoranti, locali. Il centro storico è, almeno in
parte, rimasto invariato nel tempo e preserva le sue bellissime costruzioni in
pietra. L’entrata in città avviene scavalcando il fiume Ega e in quel giorno
particolare veniamo accolti da un gruppo di ragazzi che suonano e cantano
davanti alla Iglesia del paese.
Irache, il secondo paese in cui passiamo il giorno dopo, è uno
dei luoghi più famosi di tutto il Cammino grazie alla fonte da cui sgorga vino
rosso, gentilmente offerta da un’azienda della zona. Ci sono numerosissimi
racconti su pellegrini che si sono ubriacati e si sono addormentati sotto la
fonte; del resto, come recita un cartello posto all'entrata
«Se desideri
arrivare a Santiago con forza e vitalità, prendi un bicchiere e brinda per la
Felicità»
Come rifiutare un brindisi alle 8 del mattino?
…Mentre qualcuno, incosciente, si riempie la borraccia.
La sosta a Irache dura giusto una decina di minuti, perché
il luogo in cui siamo diretti è Los Arcos – e penso che tutti i pellegrini
sappiano cosa significa l’ultimo tratto di strada verso Los Arcos. Per
arrivarci parecchia strada deve ancora passare sotto i nostri piedi. Sfioriamo
altri minuscoli paesi, di cui ricordiamo solamente i campanili che si stagliano
nel cielo azzurro in mezzo alle altre casupole.
Il paesaggio intorno a noi diviene sempre più arido e
aperto: ci sono pochissimi alberi e l’ombra è pressoché inesistente, il sole
inizia a picchiare anche se le nubi fortunatamente ricoprono il cielo. Ma qui,
dicono gli abitanti, non piove praticamente mai.
Los Arcos è una località conosciuta per l’aura misteriosa
che ha attorno, di cui tutti i pellegrini hanno timore, e comprendiamo il motivo quando ci troviamo
davanti l’ultima vallata che si apre in mezzo alle colline, l’ostacolo finale
prima dell’arrivo. Una strada di campagna a zig-zag tra i campi gialli e
secchi. Ci sono pochissimi alberi, nessuna fonte d’acqua. Il cielo si è aperto
e le aquile volteggiano sotto il sole cocente: una vera tortura.
È quasi mezzogiorno, la stanchezza e il caldo dilatano la
percezione dello spazio e del tempo: quella che è una vallata di cinque o sei
chilometri diventa all’improvviso un lungo percorso infernale e infinito.
L’ultima ora e mezza prima di arrivare a Los Arcos è all’insegna della
solitudine. Siamo tutti presi dai nostri pensieri, combattendo la testa pesante
e la voglia di stendersi a riposare: è qui che abbiamo capito che il Cammino è
prima di tutto una questione di testa e non di gambe, perché se la tua mente
cede allo sforzo, al mal di gambe, al calore e alla polvere allora sei finito.
Cadi e non ti rialzi più, se non hai nessuno che ti aiuta.
Le colline attorno a noi sembrano pulsare, la prospettiva
delle pale eoliche sui monti diversi chilometri davanti a noi è completamente
distorta. Nessun viaggiatore ha il cuore leggero e tutti vogliono arrivare alla
meta, per dissetarsi, mangiare e dormire.
Alla fine, come per incanto, Los Arcos appare davanti a noi
nella sua triste e polverosa decadenza e lì ci fermiamo. Tutti i pensieri
svaniscono e ci riposiamo all’interno di un Albergue vecchio e trasandato, dove
dopo una doccia rigenerante pranziamo insieme, ancora sconvolti dall’ultimo,
terribile pezzo di Cammino che abbiamo conquistato con fatica.
La mattina dopo siamo diretti a Logroño, la seconda grande
città sul nostro Cammino dopo Pamplona. Ci aspetta un breve passaggio nella
famosa regione de La Rioja, nota per la bontà dei suoi vini, una vera e propria
oasi verde e rigogliosa tra l’aridità della Navarra sud-occidentale e le Mesetas che ci attendono tra qualche
decina di chilometri.
Vogliamo dimenticare il terribile arrivo a Los Arcos,
inconsapevoli che l’avvicinamento a Logroño sarà se possibile ancora peggiore,
a causa del sole e dell’inquinamento.
Ma per il momento ci godiamo il sole che nasce dietro le
colline attorno a noi, felici ma distrutti di ricominciare una nuova giornata
di marcia verso Santiago de Compostela.
Continua…
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