mercoledì 30 aprile 2014

Cammino di Santiago: La Rioja, in Cammino verso la Castiglia

Abbandoniamo finalmente quel paesino infernale che è Los Arcos. Fuggiamo tentando di dimenticare tutta la linfa vitale lasciata sulla strada polverosa e assolata che abbiamo calcato per quegli ultimi, terribili, cinque chilometri.
Siamo diretti per la notte nella città di Logroño, capoluogo della regione della Rioja. Anche oggi temiamo l’arrivo in città, ricordando il duro arrivo a Pamplona. Ma abbiamo ancora più di venti chilometri di campagna da affrontare, passando prima per i due piccolissimi centri abitati di Sansol e Torres del Rio che, come molte altre cittadine già incrociate, si erge su una collina attorno alla Iglesia dove il campanile svetta su tutte le altre costruzioni in mattoni.



Oltrepassato il confine tra la Navarra e la Rioja siamo a Viana, ed entriamo quasi in vista di Logroño. Il sole inizia a battere impietoso: è quasi mezzogiorno ed è pur sempre il 2 agosto.
 Nonostante dicano che la Rioja sia una delle regioni più verdi e lussureggianti, il Cammino si inerpica tra le colline tramite stradine non asfaltate dove, spesso, non ci sono nemmeno alberi e fonti d’acqua (per non parlare di bar o negozi di alimentari, ormai diventati un miraggio).



Entriamo a Logroño, di cui risparmiamo volentieri la narrazione della faticosa entrata in città, che avviene lungo una stradina asfaltata color viola che in teoria dovrebbe evitare il passaggio nella zona industriale: il risultato è un percorso senza un filo d’ombra né un posto per sedersi perché attorno a noi tutto è cementificato. Fortunatamente, ad alleviare la stanchezza, all’entrata in città c’è la figlia di Felisa Medel, donna nota sul Cammino per accogliere i pellegrini regalando fichi, fragole e altra frutta. C’è una targa che la ricorda.

Il giorno dopo fuggiamo da Logroño e ci immergiamo nella campagna, finalmente verde e rigogliosa come racconta la nostra guida. Fuori città incrociamo la bellissima cittadina di Navarrete, che dista quasi 20 chilometri dalla nostra meta: Nàjera.



Il morale ricomincia a salire: a Nàjera raggiungeremo quasi duecento chilometri di Cammino e non vediamo l’ora di arrivarci. Il Cammino in quel giorno è molto rilassante, tra lievi saliscendi in mezzo ai vigneti e agli olivi. Anche il tempo è dalla nostra parte perché non c’è più il sole a picco del giorno prima, il cielo è velato da uno strato di nubi bianche e grigie, che rendono la giornata molto rinfrancante e piacevole.

Dopo quasi tre ore di marcia, siamo in dirittura d’arrivo a Nàjera, una delle città più belle incontrate sul Cammino. Un fiume divide in due la città e gli argini puliti e alberati permettono ai pellegrini una sosta davvero rigenerante, stesi sul prato a chiacchierare e dormire, bevendo vino e facendo spuntini.



La sosta a Nàjera è troppo bella per essere vera, qualcuno vorrebbe fermarsi qui in vacanza, qualcuno a vivere. La mattina dopo facciamo colazione e ripartiamo allegramente verso la Castilla y Leòn, salutando quel piccolo angolo di paradiso chiamato Nàjera.



Siamo ancora abbastanza fortunati, c’è qualche nube che ci regala un’alba colorata e indimenticabile e un riparo dal sole cocente. La meta di oggi è Santo Domingo de la Calzada, una tappa piuttosto breve (solo venti-ventidue chilometri di marcia), verso un altro dei luoghi più caratteristici del Cammino: ci sono tante storie legate a questa città. San Domenico è infatti un famoso monaco benedettino dell’XI secolo che ha dedicato tutta la vita all’accoglienza dei pellegrini diretti a Santiago. Avventurandosi nei vicoli si può chiedere in giro delle vicende quasi leggendarie di questa città.

Siamo quasi in Castilla y Leòn, una delle regioni più importanti della Spagna, il cui confine verrà attraversato l’indomani, dopo la sosta a Santo Domingo de la Calzada.


Qualche chilometro dopo raggiungiamo la nostra meta, dove ci godiamo i nostri primi duecento chilometri di Cammino, brindando con gli altri pellegrini e rilassandoci sotto il cielo argentato.


Continua…

domenica 27 aprile 2014

Il filmone della domenica pomeriggio

Il favoloso mondo di Amélie
diretto da Jean-Pierre Jeunet




È in ritardo. Per Amélie ci sono due spiegazioni possibili.
La prima: non ha trovato la foto.
La seconda: non ha ancora avuto il tempo di ricomporla, perché tre banditi, multirecidivi, che assaltavano una banca, l'hanno preso in ostaggio. Seguiti da tutti i poliziotti della zona, sono riusciti a seminarli, ma lui ha provocato un incidente. Quando ha ripreso conoscenza, non ricordava nulla. Un camionista ex detenuto l'ha raccolto, e credendolo in fuga l'ha messo in un container in partenza per Istanbul. Là, è finito tra avventurieri afgani, che gli hanno proposto di andare a rubare testate missilistiche sovietiche. Ma il camion è saltato su una mina alla frontiera col Tagikistan. Unico superstite, è stato accolto in un villaggio di montagna, ed è diventato militante mujāhidīn. Perciò Amélie non vede perché deve stare in quello stato per uno scemo che mangia la minestra di cavolo per tutta la vita con uno stupido portavasi in testa.



BUONA VISIONE!



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mercoledì 23 aprile 2014

#BibliotecaIdeale: M. Soldati, America primo amore

Si vorrebbe sempre essere: essere stati, mai.
E ci ripugna di non poter vivere contemporaneamente in due luoghi, quando e l'uno e l'altro vivono nel nostro pensiero, anzi nel nostro sistema nervoso: nel nostro corpo.



Un luogo lontano, a giorni lo sentiamo come il monco sente l'arto amputato. Con questo di peggio: che non è illusione inutile; ma distanza colmabile, fascino immediato.

Possiamo infatti metterci in viaggio. Ma mentre la meta si avvicina e diventa reale, il luogo di partenza si allontana e sostituisce la meta nell'irrealtà dei ricordi; guadagniamo l'una, e perdiamo l'altro. La lontananza è in noi, vera condizione umana.





[L'immagine è presa da qui]

domenica 20 aprile 2014

Il filmone della domenica pomeriggio - filmone pasquale

La ricotta (Ro.Go.Pa.G.)
diretto da Pier Paolo Pasolini




> Permte una parola? Scusi tanto, forse disturbo, sono del Paese Sera.

> Dica, dica.

> Permette? Vorrei da lei una piccola intervista.

> Ma non più di quattro domande.

> Ah grazie. La prima domanda sarebbe: che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?

> Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.

> Arcaico… cattolicesimo... E che cosa ne pensa della società italiana?

> Il popolo più analfabeta. La borghesia più ignorante d’Europa.

> Ah, e che ne pensa della morte?

> Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione.

> Quarta ed ultima domanda: qual è la sua opinione sul nostro grande regista Federico Fellini?

> Egli danza. ...Egli danza.

> Ah, grazie. Complimenti. Arrivederla.

> Ehi! “Io sono una forza del passato”.
È una poesia. Nella prima parte il poeta ha descritto certi ruderi antichi di cui nessuno più capisce stile e storia, e certe orrende costruzioni moderne che invece tutti capiscono. Poi attacca appunto così:

Io sono una forza del Passato. 
Solo nella tradizione è il mio amore. 
Vengo dai ruderi, dalle chiese, 
dalle pale d'altare, dai borghi 
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, 
dove sono vissuti i fratelli. 
Giro per la Tuscolana come un pazzo, 
per l'Appia come un cane senza padrone. 
O guardo i crepuscoli, le mattine 
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, 
come i primi atti del Dopostoria, 
cui io assisto, per privilegio d'anagrafe, 
dall'orlo estremo di qualche età 
sepolta. Mostruoso è chi è nato 
dalle viscere di una donna morta. 
E io, feto adulto, mi aggiro 
più moderno di ogni moderno 
a cercare fratelli che non sono più.

Ha capito qualcosa?

> Beh ho capito molto… giro per la Toscolana…

> Scriva, scriva quello che le dico. Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio. È così?

> Beh sì.

> Ma lei non sa cos'è un uomo medio. È un mostro. Un pericoloso delinquente. Conformista. Colonialista. Razzista. Schiavista. Qualunquista.

> Eh eh eh eh...

> È malato di cuore lei?

> No, no, facendo le corna.

> Peccato, perché se mi crepava qui davanti sarebbe stato un buon elemento per il lancio del film. Tanto lei non esiste. Il capitale non considera esistente la manodopera se non quando serve la produzione. E il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale.
Addio.



BUONA VISIONE!

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venerdì 18 aprile 2014

#BibliotecaIdeale: Carlos Ruiz Zafòn, Il gioco dell'angelo

“Credo che lei abbia fatto un eccellente lavoro di sintesi. Non ha trovato il proverbiale ago nel pagliaio, ma ha capito che l’unica cosa davvero interessante del mucchio di paglia è un dannato spillo e tutto il resto è cibo per gli asini. A proposito di asini, mi dica, le interessano le favole?”
“Da bambino, per un paio di mesi, volevo essere Esopo.”
“Tutti lasciamo grandi speranze lungo il cammino.”
“Cosa voleva essere da bambino, signor Corelli?”
“Dio.”


mercoledì 16 aprile 2014

#BibliotecaIdeale: Herman Hesse, Siddharta

Quando il giorno fu cominciato, Siddharta pregò il suo ospite, il barcaiolo, di traghettarlo oltre il fiume. Il barcaiolo lo fece salire sulla sua zattera di bambù; l'ampia distesa d'acqua s'imporporava nella luce del mattino.

- Un bel fiume - diss'egli al suo compagno.

- Si - rispose il barcaiolo - bellissimo fiume, io lo amo più di ogni altra cosa. Spesso lo ascolto, spesso lo guardo negli occhi, e sempre ho imparato qualcosa da lui. Molto si può imparare da un fiume. -



- Ti ringrazio, mio benefattore - disse Siddharta quando saltò sull'altra riva - Non ho alcun dono con cui ricambiare la tua ospitalità, nè ho denaro per pagarti il traghetto. Non ho casa, io, sono un figlio di Brahmino e un Samana. -

- L'avevo ben visto - disse il barcaiolo - e non m'aspettavo nessun compenso da te, e nessun dono in cambio dell'ospitalità. Mi darai il dono un'altra volta. -

- Lo credi? - chiese Siddharta di buon umore.

- Sicuramente. Anche questo ho imparato dal fiume: tutto ritorna! Anche tu, o Samana, ritornerai. Ora addio! Possa la tua amicizia essere il mio compenso. Ricordati di me quando sacrifichi agli dèi. -

domenica 13 aprile 2014

Il filmone della domenica pomeriggio

Il cigno nero
diretto da Darren Aronofsky




La storia la conosciamo tutti. Una giovane, dolce e pura, prigioniera nel corpo di un cigno, desidera la libertà, ma solo il vero amore spezzerà l'incantesimo. Il suo sogno sta per realizzarsi grazie a un principe. Ma, prima che lui le dichiari il suo amore, la gemella invidiosa, il cigno nero, lo inganna e lo seduce. Devastata, il cigno bianco si getta da un dirupo e si uccide e nella morte ritrova la libertà.

Buongiorno a tutti.
Apriremo la stagione con Il lago dei cigni. Fatto e rifatto, lo so, ma non in questo modo. Lo spoglieremo degli orpelli. Lo faremo viscerale... e autentico. Per una nuova produzione serve una nuova regina, un viso fresco da presentare al pubblico. Ma chi tra voi può impersonare entrambi i cigni, quello bianco e quello nero?



BUONA VISIONE!

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venerdì 11 aprile 2014

#BibliotecaIdeale: Stephen King, L'ombra dello Scorpione

"In realtà," disse Larry a Glen, "Non mi preoccupa tanto il cibo quanto l'acqua. Quasi tutti quelli che si erano messi in viaggio hanno qualcosa da mangiare in macchina."

Glen sorrise: "Magari il Signore ci manderà acquazzoni di benedizione."



Larry alzò lo sguardo al cielo azzurro senza nuvole e fece una smorfia all'idea. "A volte penso che all'ultimo momento lei fosse andata fuori di testa."

"Può anche darsi," disse Glen con una punta d'ironia. "Se leggi i tuoi testi di teologia, troverai che spesso Dio parla attraverso i moribondi e i pazzi. E a me pare, ecco il gesuita nascosto che viene fuori, che ci sono buoni motivi di ordine psicologico per fare una cosa del genere. Un pazzo o una persona sul letto di morte è un essere umano con una psiche radicalmente alterata. Una persona sana potrebbe filtrare il messaggio divino, modificarlo per mezzo della sua personalità. In altre parole, una persona sana potrebbe essere un profeta del cazzo."

martedì 8 aprile 2014

Cammino di Santiago - Verso Los Arcos

La notte passata a Puente la Reina ci ha rifocillato e ripartiamo su di giri diretti a Estella, una graziosa cittadina ricca di chiese e conventi che dista circa una ventina di chilometri. È l’alba, ma il sole non è ancora spuntato dietro le nuvole quando arriviamo in vista di Cirauqui, paesino di pietra raccolto in cima a una piccola collina che si spicca tra i vigneti e i campi di granturco. “Nido di vipere”, questo è il soprannome dato dagli abitanti della zona a Cirauqui.


Una pausa e via! La minuscola strada polverosa riparte verso sud-est, insinuandosi tra le colline e i fiumiciattoli, consentendo il passaggio dei pellegrini solo su antichi ponti romani in pietra: pochissimi passano per queste vie, solo noi viaggiatori e qualche contadino. Tutti quanti iniziamo a condividere un senso di appartenenza a questi luoghi, anche se sappiamo che il legame con gli anziani abitanti che ci salutano o con i bambini che ci vendono la limonata durerà solo un attimo. E che sono tutti visi che forse non rivedremo più.
Entriamo allora ad Estella, dove ci fermiamo per la notte. È una cittadina piuttosto grande rispetto agli insediamenti che abbiamo visitato fino ad ora: ci sono negozi, ristoranti, locali. Il centro storico è, almeno in parte, rimasto invariato nel tempo e preserva le sue bellissime costruzioni in pietra. L’entrata in città avviene scavalcando il fiume Ega e in quel giorno particolare veniamo accolti da un gruppo di ragazzi che suonano e cantano davanti alla Iglesia del paese.


Irache, il secondo paese in cui passiamo il giorno dopo, è uno dei luoghi più famosi di tutto il Cammino grazie alla fonte da cui sgorga vino rosso, gentilmente offerta da un’azienda della zona. Ci sono numerosissimi racconti su pellegrini che si sono ubriacati e si sono addormentati sotto la fonte; del resto, come recita un cartello posto all'entrata 

«Se desideri arrivare a Santiago con forza e vitalità, prendi un bicchiere e brinda per la Felicità»

Come rifiutare un brindisi alle 8 del mattino?
…Mentre qualcuno, incosciente, si riempie la borraccia.


La sosta a Irache dura giusto una decina di minuti, perché il luogo in cui siamo diretti è Los Arcos – e penso che tutti i pellegrini sappiano cosa significa l’ultimo tratto di strada verso Los Arcos. Per arrivarci parecchia strada deve ancora passare sotto i nostri piedi. Sfioriamo altri minuscoli paesi, di cui ricordiamo solamente i campanili che si stagliano nel cielo azzurro in mezzo alle altre casupole.
Il paesaggio intorno a noi diviene sempre più arido e aperto: ci sono pochissimi alberi e l’ombra è pressoché inesistente, il sole inizia a picchiare anche se le nubi fortunatamente ricoprono il cielo. Ma qui, dicono gli abitanti, non piove praticamente mai.
Los Arcos è una località conosciuta per l’aura misteriosa che ha attorno, di cui tutti i pellegrini hanno timore,  e comprendiamo il motivo quando ci troviamo davanti l’ultima vallata che si apre in mezzo alle colline, l’ostacolo finale prima dell’arrivo. Una strada di campagna a zig-zag tra i campi gialli e secchi. Ci sono pochissimi alberi, nessuna fonte d’acqua. Il cielo si è aperto e le aquile volteggiano sotto il sole cocente: una vera tortura.


È quasi mezzogiorno, la stanchezza e il caldo dilatano la percezione dello spazio e del tempo: quella che è una vallata di cinque o sei chilometri diventa all’improvviso un lungo percorso infernale e infinito. L’ultima ora e mezza prima di arrivare a Los Arcos è all’insegna della solitudine. Siamo tutti presi dai nostri pensieri, combattendo la testa pesante e la voglia di stendersi a riposare: è qui che abbiamo capito che il Cammino è prima di tutto una questione di testa e non di gambe, perché se la tua mente cede allo sforzo, al mal di gambe, al calore e alla polvere allora sei finito. Cadi e non ti rialzi più, se non hai nessuno che ti aiuta.
Le colline attorno a noi sembrano pulsare, la prospettiva delle pale eoliche sui monti diversi chilometri davanti a noi è completamente distorta. Nessun viaggiatore ha il cuore leggero e tutti vogliono arrivare alla meta, per dissetarsi, mangiare e dormire.



Alla fine, come per incanto, Los Arcos appare davanti a noi nella sua triste e polverosa decadenza e lì ci fermiamo. Tutti i pensieri svaniscono e ci riposiamo all’interno di un Albergue vecchio e trasandato, dove dopo una doccia rigenerante pranziamo insieme, ancora sconvolti dall’ultimo, terribile pezzo di Cammino che abbiamo conquistato con fatica.

La mattina dopo siamo diretti a Logroño, la seconda grande città sul nostro Cammino dopo Pamplona. Ci aspetta un breve passaggio nella famosa regione de La Rioja, nota per la bontà dei suoi vini, una vera e propria oasi verde e rigogliosa tra l’aridità della Navarra sud-occidentale e le Mesetas che ci attendono tra qualche decina di chilometri. 


Vogliamo dimenticare il terribile arrivo a Los Arcos, inconsapevoli che l’avvicinamento a Logroño sarà se possibile ancora peggiore, a causa del sole e dell’inquinamento.
Ma per il momento ci godiamo il sole che nasce dietro le colline attorno a noi, felici ma distrutti di ricominciare una nuova giornata di marcia verso Santiago de Compostela.


Continua…

domenica 6 aprile 2014

Il filmone della domenica pomeriggio

Dal tramonto all'alba
diretto da Robert Rodriguez 





> Qualcuno ha capito quello che succede qui dentro?

> Io l'ho capito. La fuori c'è un branco di vampiri del cazzo che vogliono entrare qui per succhiarci un bel po' di sangue, e questo è tutto. Chiaro e semplice.
E non voglio sentir dire da nessuno: "Ma io non ci credo ai vampiri del cazzo!", perché io non ho mai creduto ai vampiri del cazzo, ma credo a quello che vedono i miei occhi e quello che ho visto erano dei vampiri del cazzo.
Allora, siamo tutti d'accordo nell'affermare che abbiamo a che fare con dei vampiri del cazzo?



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mercoledì 2 aprile 2014

#BibliotecaIdeale: Victor Hugo, I Miserabili


     Chi medita sulle sorti umane, si ferma troppo però su queste due parole: felice, infelice. In questo mondo, evidentemente vestibolo di un altro, non vi sono felici.
     La sola divisione è questa: gli illuminati e quelli che sono al buio. Diminuire il numero di quelli che sono al buio, aumentare il numeri degli illuminati, ecco lo scopo. Per questo noi gridiamo: "Insegnamento!...Scienza!" Insegnare a leggere è accendere il fuoco; ogni sillaba compilata è una scintilla.



     Del resto, chi dice luce, non dice necessariamente gioia. Si soffre nella luce: l'eccesso brucia. La fiamma è nemica dell'ala. Ardere senza cessare di volare, ecco il prodigio del genio.
     Quando conoscerete e quando amerete, soffrirete ancora. Il giorno nasce in lacrime. Gli illuminati piangono, non foss'altro per quelli che sono nelle tenebre.