Da Roncisvalle, passando per Pamplona verso Puente la Reina
Roncisvalle la mattina dopo è fredda: abbiamo ancora nelle
ossa i venti gelidi dei Pirenei.
La guida dice che a pochi chilometri c’è un bar aperto in
cui poter mangiare qualcosa, e naturalmente per questi pochi chilometri ci
trasciniamo come dei sacchi di patate. Poco dopo, comunque, siamo già immersi
in piena Navarra, regione ricca di piacevoli colline e vigneti che si estendono
fin nella regione della Rioja, nota per la prelibatezza dei suoi vini.
In Navarra è un piacere camminare: sole, verde, una leggera
brezza estiva e niente traffico o inquinamento. Se non fosse per lo zaino che
ci sta spezzando la schiena sembrerebbe la gita domenicale sui colli del Lago
di Garda.
Ci stiamo dirigendo a
Pamplona, capitale della Navarra stessa, città nota principalmente per la
famosa festa di San Firmino e per le bellissime bianche mura che circondano il
centro storico. Tuttavia prima di arrivarci abbiamo ancora parecchia strada da
fare, strada che percorriamo a cuor leggero, iniziando a conoscere anche altri
viaggiatori e perdendoci nella tranquillità e nella quiete che sembra abitare
queste piccole valli.
L’arrivo a Pamplona è previsto il terzo giorno di Cammino,
nel mezzo ci sono spuntini, chiacchiere, mal di piedi e l’incoscienza dei
parecchi chilometri che devono passare sotto le nostre scarpe.
Alla fine, dopo tanti chilometri, ci siamo quasi.
L’arrivo a Pamplona è stato fisicamente e psicologicamente
molto duro. Il passaggio nelle città lo è sempre. Dopo tre giorni e tante ore
passate tra boschi, piccoli fiumi e silenzio, ci siamo trovati catapultati in
una grande città rumorosa e inquinata. Ma che però, almeno nel centro storico,
non ha perso la sua bellezza.
Le bianche mura che circondando il centro storico sono raggiungibili dopo aver attraversato un antico ponte romano sul fiume Arga, il Puente de Magdalena, e sono un vero e proprio spettacolo per gli occhi. Fortunatamente, il centro storico è più tranquillo del resto della città ed è lì che ci dirigiamo alla ricerca dell’Albergue.
Ci accampiamo allora nell’Albergue gestito dalla Iglesia
locale. Dopo una doccia e una passeggiata (!), decidiamo che la buona forchetta
italiana non può aspettare: pastasciutta! Condividiamo la cucina con alcuni
tedeschi e alcune cinesi, con cui ovviamente comunichiamo a gesti, visto che
loro non sanno il dialetto bresciano.
Indimenticabile è il tramonto che abbiamo ammirato dall’alto
delle mura, qualche ora più tardi. Purtroppo la mia macchina fotografica non
rende giustizia.
Il giorno successivo, dopo una dormita rinvigorente, ripartiamo con non poche preoccupazioni: ci aspetta il temuto Alto del Perdòn che, a dispetto del nome, non sembra essere particolarmente benevolo verso chi è partito senza uno straccio di allenamento - come noi. Però siamo rinfrancati dal fatto che abbandoniamo Pamplona e il suo rumore per ributtarci nella tranquillità delle stradine di campagna, che tra poco saranno circondate da campi di girasoli a perdita d’occhio.
L’Alto del Perdòn si nota
subito fin dalla periferia della città: è una montagna che risalta tra le dolci
colline su cui spiccano le gigantesche pale eoliche, visibili anche dalla
periferia estrema da dove il sentiero riparte verso ovest…
Ed è lì che ci dirigiamo,
passando prima in un piccolo paesino chiamato Cizur Menor, dove facciamo
provviste in vista dell’ascesa:
giustamente, i pellegrini non possono girarci attorno, ma devono
scavalcarlo nel punto più alto. La prendiamo con filosofia pensando almeno di
guadagnarci una fetta di Paradiso e con lo zaino in spalla iniziamo la lunga
marcia verso Puente la Reina, che dista ancora più di 18 chilometri.
Ammetto che l’idea di dover
fare ancora tutta quella strada con l’Alto del Perdòn di mezzo non sia proprio
incoraggiante, e ce ne rendiamo conto quando la strada da “in salita” diventa
“porca miseria” e poi “qualcuno chiami un taxi”. Caldo, polvere, sudore e il
sole che ci picchia sulla testa. Sono le 9 del mattino, ma sembra di essere
finiti nel Deserto del Sahara. Incrociamo per la prima volta dei pellegrini che
fanno il Cammino a cavallo.
Un’ascesa infinita, tanti
viaggiatori distrutti ma alla fine, dopo quasi 2 ore di scalata, siamo in cima.
Si vede perfettamente che stiamo entrando nella parte più calda e arida della
Navarra, perché i verdi prati e i boschi hanno lasciato spazio a sterminati
campi gialli e secchi. Lassù tira un forte vento, allora decidiamo di riposarci solo qualche minuto e
di iniziare a scendere dall’altro lato. Alle nostre spalle, qualche chilometro
più indietro, Pamplona riceve il nostro ultimo saluto.
Pare lontana la rigogliosità della Navarra pirenaica, qui ci sono solo sassi, cespugli, polvere e un caldo insopportabile già dalle prime ore del mattino.
Puente la Reina, il luogo mitico in cui il Cammino Francese
e il Cammino Aragonese si incontrano, dista ancora quasi 2 ore e mezza di
marcia. Ma non vogliamo né possiamo
tardare, perché il sole inizia già ad alzarsi parecchio; spossati, stanchi e
accaldati continuiamo a scendere sul versante ovest dell’Alto del Perdòn,
chiedendoci tra noi come diavolo faranno le nostre gambe a reggerci lungo i 750
chilometri che ancora ci separano da Santiago de Compostela.
Continua…
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